
C’è chi li ama per l’ombra che regalano d’estate e chi li definisce alberi “killer”. I pini dividono le comunità: simbolo del paesaggio, ma anche oggetto di discussione tra amministrazioni e cittadini.
È necessario precisare subito che, sui pini, contrariamente a quanto accade per altre specie arboree che popolano i nostri centri abitati, gravano una serie di luoghi comuni: “I pini hanno radici superficiali e poco robuste”; “ I pini si schiantano con maggiore frequenza rispetto ad altre specie”; “per ridurre il rischio di schianti bisogna potare e alleggerire la chioma”; “si muove con il vento e quindi è pericoloso” e così via.
Nulla di tutto questo è provato scientificamente e, anzi, le evidenze sul campo dimostrano il contrario. I pini che popolano oggi i nostri ambienti naturali e antropizzati sono frutto di milioni di anni di evoluzione (per il genere Pinus circa 150 milioni di anni), solo questo aspetto dovrebbe farci riflettere sul rispetto che l’uomo dovrebbe mostrare verso questi esseri viventi, invece si tende a peccare di presunzione andando a interferire con l’intento, secondo noi, di migliorare la loro morfo-fisiologia.
Il pino è una specie pioniera perché può colonizzare ambienti difficili per altre specie, ma è anche una specie ruderale perché si adatta bene anche agli ambienti antropizzati. In natura esistono più di 100 specie del genere Pinus. Nei nostri ambienti i più comuni sono: il Pinus pinea (Pino domestico), Pinus halepensis (Pino d’Aleppo) e Pinus pinaster (pino marittimo), tutte e tre con esigenze pedo-climatiche differenti.
Tornando ai luoghi comuni è opportuno ribadire quanto segue:
- I pini hanno un profondo e robusto apparato radicale dotato di fittone (robusta radice che si approfondisce verticalmente sul terreno). Si pensi che uno degli alberi con l’apparato radicale più profondo in Europa è proprio il Pinus pinea!
- La chioma dei pini è perfettamente predisposta a dissipare le forze derivate dalle sollecitazioni del vento: interventi in quota eseguiti senza criterio e senza alcuna competenza, compromettono irrimediabilmente questo perfetto equilibrio (a eccezione del Pinus canariensis i pini non possiedono gemme latenti e non formano gemme avventizie).
L’energia captata dalla struttura arborea viene dissipata principalmente secondo tre modalità:
- una dissipazione di movimento;
- una dissipazione di collisione;
- una dissipazione di deformazione dei tessuti legnosi.
Le fluttuazioni dei pini durante le giornate ventose è un aspetto positivo ed indispensabile per la loro stabilità. Anche l’inclinazione del fusto non è sinonimo di instabilità!
Concludendo si può affermare che le cadute dei nostri pini nelle nostre città non sono frutto di fatalità naturali ma di una combinazione di fattori umani che, spesso agendo in modo sommario e miope, compromettono la stabilità degli alberi:
- scorretta gestione del materiale vivaistico;
- urbanizzazione selvaggia e compattazione del suolo;
- scavi e pavimentazioni che recidono le radici;
- potature scorrette e squilibri strutturali;
- mancata manutenzione e controllo preventivo;
- scelta inappropriata di specie e siti d’impianto.
Affrontare queste problematiche significa investire attivamente sul verde urbano; solo attraverso un investimento serio e programmato, affidato alla competenza di agronomi, forestali e degli altri professionisti del settore, le amministrazioni potranno garantire città più sicure, sostenibili e vivibili per i cittadini di oggi e di domani.