Può una saga di fantascienza raccontarci la crisi delle nostre democrazie?

Nel 2002, a 25 anni dall’uscita del primo film, George Lucas torna nell’universo di Guerre Stellari con L’attacco dei cloni, secondo capitolo della trilogia prequel. Ma dietro la cornice fantascientifica si cela una narrazione politica sorprendentemente lucida e attuale.

Ispirato dal crollo della Repubblica romana e scosso dal clima post-11 settembre, Lucas scrive una storia che parla di democrazie svuotate, paure che giustificano abusi e consensi che preparano derive autoritarie.

C’è una scena, sul pianeta Naboo, in cui la regina Jamillia riflette con la senatrice Padmé:

“Il giorno in cui smettiamo di credere che la democrazia possa funzionare è il giorno in cui la perdiamo.”

Oggi, quella frase risuona come un monito.

Viviamo circondati dalla parola “democrazia”, ma spesso senza ascoltarla davvero. È invocata in ogni occasione: per giustificare decisioni imposte, per legittimare conflitti, per dare un’aura nobile a scelte discutibili.

Conveco

Ma al di là della retorica, la democrazia è una cosa seria. È l’unico sistema messo in pratica in cui il potere nasce dal basso e serve, o dovrebbe servire, al bene di tutti.

Eppure non è perfetta.

È fragile.

È faticosa.

È in continua costruzione.

La democrazia che conosciamo non è quella dell’Atene classica, né quella idealizzata nel Settecento europeo.

È un organismo vivo, che cambia con i tempi, con le domande di giustizia, voce, riconoscimento.

È un processo, dove ogni passo avanti va conquistato e difeso.

Dopo aver ottenuto più inclusione, più equità, più rappresentanza, il rischio oggi è la distrazione.

Non serve forza bruta per far crollare una democrazia.

Spesso basta il silenzio: leggi ambigue, voci spente, informazioni distorte.

La democrazia muore anche nel plauso di chi confonde il controllo con la sicurezza.

Come nella scena madre di La vendetta dei Sith (2005): il Senato acclama l’ascesa dell’Imperatore, e Padmé sussurra:

“È così che muore la libertà: sotto scroscianti applausi.”

Una battuta da cinema. Un brivido da realtà.

Democrazia è partecipazione, conflitto, disillusione. Ma proprio per questo va custodita.

Perché è lo spazio in cui la voce di ognuno può ancora contare. Dove il dissenso è ricchezza, non colpa. Dove chi governa può, e deve, rendere conto.

Non è un meccanismo perfetto. È una promessa.

Che nessuno debba temere lo Stato.

Che tutti possano dire la propria.

Che il potere non diventi proprietà di pochi.

Credere nella democrazia, nei momenti difficili, non è ingenuità.

È coraggio, vigilanza e presenza.

Un atto di forza per la sopravvivenza di un bene comune che non possiamo dare per scontato.

Perché quando smettiamo di crederci, è già troppo tardi.

E non ci sarà nessun Jedi a salvarci.

Conveco

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